Una scelta contro l'ingiustizia alimentare

Come ho già specificato nel mio blog io non seguo una dieta vegan, ma non ho mai amato la carne in particolar modo fin da bambina, e forse dato anche il fatto che i tumori sono un "argomento" di famiglia sono cresciuta in una casa dove prosciutti e insaccati vari erano visti raramente sulla tavola. Oggi più leggo quanto sia nociva la carne , specialmente quella rossa più mi passa la voglia di mangiarla del tutto e cerco con il tempo di arrivare ad una alimentazione sana ed equilibrata.
Intanto riporto un articolo che mi aveva colpito scritto da Umberto Veronesi, questo per i pochi scettici ancora rimasti....

"Una scelta contro l'ingiustizia alimentare"
6.giugno 2008-di Umberto Veronesi

Il vertice FAO che si è concluso ieri a Roma ha riportato pesantemente al centro dell’attenzione il problema dell’impressionante disuguaglianza nella distribuzione delle risorse alimentari nel mondo. Da un lato, nei Paesi in via di sviluppo, ci sono 820 milioni di persone che soffrono di malnutrizione cronica e 40 milioni, di cui 15 milioni di bambini, che muoiono di fame. Dall’altro, nel mondo “occidentalizzato”, aumenta l’obesità fra i nostri figli, le nostre adolescenti anoressiche usano il cibo come ricatto e se ne privano fino a lasciarsi morire, la nostra dieta opulenta ci fa ammalare sempre di più. Io penso che l’”ingiustizia alimentare” sia una delle peggiori iniquità dei nostri tempi, un’offesa alla cultura e alla civiltà umane di fronte alla quale ci sentiamo impotenti. In realtà c’è qualcosa che possiamo fare per contribuire a contrastarla: possiamo assumere un comportamento alimentare responsabile, innanzi tutto riducendo il consumo di carne. Sono convinto che il vegetarianesimo sia inevitabile, per tre motivi. Il primo è di ordine ecologico/sociale. I prodotti agricoli a livello mondiale sarebbero in realtà sufficienti a sfamare tutti se venissero equamente divisi, e soprattutto se non fossero in gran parte utilizzati per alimentare gli animali da allevamento. Ogni anno 150 milioni di tonnellate di cereali sono destinate a bovini, polli e ovini, con una perdita di oltre l’80% di potenzialità nutritiva; in pratica il 50% dei cereali e il 75% della soia raccolti nel mondo servono a nutrire gli animali d’allevamento. L’America meridionale, per fare posto agli allevamenti, distrugge ogni anno una parte della foresta amazzonica grande come l’Austria. Gli allevamenti intensivi producono fino a tre tonnellate di liquami per ogni cittadino, inquinando il sottosuolo, e l’evaporazione dei liquami è tra le cause principali delle piogge acide. Per produrre la stessa quantità di cibo, l’allevamento intensivo consuma 70 volte più acqua della coltivazione (per una tonnellata di carne bovina occorrono circa 32.000 metri cubi d’acqua, mentre per una tonnellata di cereali ne bastano 450). La stessa estensione di territorio produce oltre dieci volte più proteine se coltivata a cereali e leguminose per il consumo umano che se destinata a pascolo o a coltivazioni per la produzione di mangimi. Trentasei dei quaranta Paesi più poveri del mondo esportano cereali negli Stati Uniti, dove il 90% del prodotto importato è utilizzato per nutrire animali destinati al macello. Viviamo in un mondo dove un miliardo di persone non ha accesso all’acqua pulita e per produrre un chilo di carne di manzo occorrono più di trentamila litri di acqua. E che succede se i Paesi emergenti superpopolati, come la Cina, assumono le abitudini alimentari occidentali, tipicamente carnivore? Saremmo destinati ad entrare in un circolo vizioso mortale. Già oggi non riusciamo neppure a contare quante malattie e quante morti potrebbe evitare un minor consumo di carne. Veniamo così indirettamente alla seconda motivazione del vegetarianesimo, che è la tutela della salute. Non ci sono dubbi che un’alimentazione povera di carne e ricca di vegetali sia più adatta a mantenerci in buona forma. Gli alimenti di origine vegetale hanno una funzione protettiva contro l’azione dei radicali liberi, cioè quelle molecole che possono alterare la struttura delle cellule e dei loro geni. Si può quindi pensare che chi segue un’alimentazione ricca di alimenti vegetali è meno a rischio di ammalarsi e possa vivere più a lungo. C’è poi un secondo fattore. Noi siamo circondati da sostanze inquinanti, che possono mettere a rischio la nostra vita. Sono sostanze nocive se le respiriamo, ma lo sono molto di più se le ingeriamo. Consumando carne, ci mettiamo proprio in questa situazione, perché dall’atmosfera queste sostanze ricadono sul terreno, e quindi sull’erba che, mangiata dal bestiame, (o attraverso i mangimi) introduce le sostanze nocive nei suoi depositi adiposi, e infine nel nostro piatto quando mangiamo la carne. L’accumulo di sostanze tossiche ci predispone a molte malattie cosiddette “del benessere” (diabete non insulino-dipendente, aterosclerosi, obesità). Anche il rischio oncologico è legato alla quantità di carne che consumiamo. Le sostanze tossiche, l’abbiamo visto, si accumulano più facilmente nel tessuto adiposo, dove rimangono per molto tempo esponendoci più a lungo ai loro effetti tossici. Frutta e verdura sono alimenti poverissimi di grassi e ricchi di fibre: queste, agevolando il transito del cibo ingerito, riducono il tempo di contatto con la parete intestinale degli eventuali agenti cancerogeni presenti negli alimenti.. I vegetali poi, oltre a contaminarci molto meno degli altri alimenti, sono scrigni di preziose sostanze come vitamine, antiossidanti e inibitori della cancerogenesi (come i flavonoidi e gli isoflavoni), che consentono di neutralizzare gli agenti cancerogeni, di “diluirne” la formazione e di ridurre la proliferazione delle cellule malate. La terza motivazione, ma non ultima, è di ordine etico-filosofico ed è quella che ha fatto di me un vegetariano convinto da sempre. Ho il massimo rispetto per la vita in tutte le sue forme, specie quando questa non può far valere le proprie ragioni. Il cibo è per me una forma di celebrazione della vita, ma non mi piace celebrare la vita negando la vita stessa ad altri esseri. Gli animali di allevamento sono sottoposti a un trattamento crudele. Sono ormai considerati “macchine di trasformazione” di una merce a costo noto (i mangimi) in un’altra (la carne) il cui prezzo deve essere remunerativo al massimo, detratte le spese di allevamento, che devono essere contratte al minimo. Questa logica di mercato scatena la violenza totale nei confronti degli animali da allevamento, che vengono letteralmente torturati: immobilizzati per impedire il movimento, ingozzati di cibo e anche percossi crudelmente (come succede in Giappone) perché il muscolo si spezzi e la carne risulti più gustosa. Anche la pratica della macellazione è violenza allo stato puro e risveglia un senso di ripugnanza nel vedere come l’animale viene inizialmente solo stordito per poi essere sgozzato in modo che la morte avvenga per dissanguamento (questo è quanto impone la legge sulla macellazione), affinché la sua carne prenda un colorito più chiaro. Rinunciare alla carne dunque è un modo di contribuire ad alleviare le sofferenze inutili degli altri animali.
Proprio lotta alla fame, alimentazione, ed etica della nutrizione saranno al centro della Quarta Conferenza Annuale sul Futuro della Scienza, promossa a Venezia dal 24 al 27 settembre dalla Fondazione, sul tema “Food and Water for Life”. Per partecipare consultate il sito www.thefutureofscience.org

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